La psicopatologia del Covid-19

Coronavirus

Quali comportamenti patologici teniamo nel periodo di emergenza da COVID-19?

Riflessione sulla Psicosi da Covid-19

Dott.ssa Silvia Findanno

1. Un nemico invisibile
2. I comportamenti definiti patologici possono rivelarsi al contrario un salvavita
– Disturbo ossessivo-compulsivo
– Disturbi d’ansia, di personalità paranoide e Agorafobia
– Depressione e Isolamento Sociale
3. Sano VS Patologico
4. Conclusioni

Durante queste ultime settimane gran parte delle sedute di psicoterapia che sto condividendo con i miei pazienti vedono come protagonista il fatidico Covid-19, o meglio conosciuto come Coronavirus.

Si tratta di un “personaggio” che di fatto nessuno di noi ha potuto vedere concretamente, ed è forse anche per questo che, con estrema facilità, ha da subito assunto le sembianze più svariate. Quelle cioè frutto delle proiezioni di ciascuno di noi, andando così ad incarnare le più recondite paure, le più profonde angosce che si celano all’interno del mondo inconscio (penso al “Perturbante” di Freud), così come le ansie ed i corrispettivi evitamenti che si manifestano ad un livello più consapevole.

Un nemico invisibile

Diversamente dalle guerre che l’umanità ha vissuto in passato, in questo caso si tratta di un nemico invisibile, sconosciuto (in effetti allo stato attuale non esiste né un vaccino né una cura), tanto che resta difficile capire quali armi utilizzare per fronteggiarlo e definitivamente sconfiggerlo.

Immagino allora che lo scenario odierno sia più simile ad una guerra fredda che alla prima o seconda guerra mondiale, intendendo per “guerra fredda” una sorta di gioco a vincita zero, in cui i punti di ciascuno dipendono dalle sconfitte riportate dall’altro. In tale parallelismo, i protagonisti non sono più quelli del 1947 (circa), ovvero Stati Uniti da un lato ed Unione Sovietica dall’altro, quanto piuttosto una “malattia respiratoria acuta da Sars-Cov-2” (o più semplicemente malattia da Coronavisus 2019) e l’intera umanità (dal momento che dalla città di Wuhan, capitale della provincia di Hubei in Cina, si è rapidamente diffusa in numerosi altri paesi, tra cui Italia, Germania, Francia, Giappone, Vietnam, Thailandia, Corea del Sud, USA, Australi, ecc).

Partendo dalle comunicazioni (verbali e non) dei miei pazienti ho potuto sviluppare alcune profonde riflessioni in merito alla situazione che tutti noi stiamo vivendo. A tal proposito mi sento di ringraziarli, evidenziando quanto il presupposto per cui ogni relazione (ivi inclusa la relazione terapeutica) sia di per sé bi-direzionale, comporti di fatto un arricchimento reciproco, un nutrimento che a livello simbolico si articola su più livelli:

COGNITIVO

EMOTIVO – Da terapeuta sento ancora più profondamente il mio mandato di proteggere, tutelare e rinforzare le strutture di personalità più fragili e vulnerabili che in questo periodo stanno ancora più emergendo, o semplicemente venendo fuori dalle proprie “corazze difensive”. Senza contare che noi terapeuti siamo pur sempre delle persone, ed in quanto tali, più vicini e simili ai nostri pazienti di quanto si possa pensare, anche noi portatori di proprie paure ed angosce.

Infine c’è anche un livello più prettamente COMPORTAMENTALE, che ha comportato la necessità da parte di noi professionisti della salute mentale non solo di adottare nuove misure e regole del setting , nonché nuove modalità per incontrare i nostri pazienti in linea con le direttive nazionali, ad esempio promuovere incontri via Skype e Whatsapp piuttosto che esporre ciascuno di noi al rischio di contagio. Mi riferisco anche alle numerose iniziative che tutti gli Ordini di ogni regione hanno attivato in risposta all’emergenza Covid-19 (ad esempio:

Insomma, detto in altri termini, l’intera comunità si è ritrovata a dover mettere alla prova le proprie capacità di adattamento, a fronteggiare importanti cambiamenti, se non stravolgimenti, della propria quotidianità. Trovo fondamentale sottolineare quanto, parallelamente, anche noi psicoterapeuti stiamo andando nella medesima direzione al fine di non lasciare sole tutte quelle persone che, forse mai come oggi, hanno bisogno di un sostegno psicologico.

Psicosi e psicopatologia del coronavirus

psicopatologia del coronavirus covid-19 - Dott.ssa Findanno

I comportamenti definiti patologici possono rivelarsi al contrario un salvavita

La – mi permetto di dire, utile e necessaria – quarantena cui tutta Italia è stata costretta ha provocato l’insorgenza in alcuni casi, e l’esacerbazione in altri, delle più svariate emozioni (tristezza, noia, paura, rabbia, senso di solitudine, giusto per citarne alcune) e delle corrispettive sindromi cliniche (depressione, fobie sociali, disturbi paranoidei, antisociali, tratti psicotici, ecc).

Prendendo come riferimento alcuni punti del decalogo (DPCM 8 marzo 2020) emanato dal governo per una difesa dal contagio Covid-19, emergono alcune raccomandazioni che ci permettono, se non di sconfiggere (curare) direttamente questo “nemico invisibile”, quanto meno di contenerlo.

In effetti si aprono a questo punto ulteriori dimensioni:

  • l’angoscia di morte che velatamente (nonché inconsciamente) sottende alla paura del contagio (argomento che tratterò nel prossimo articolo intitolato “L’angoscia di morte che sottende al COIVD19″);
  • la restrizione della libertà personale cui tutti noi siamo stati sottoposti al fine di limitare i casi positivi, gli asintomatici, i morti e tutte le vittime (dirette ed indirette) di questo nostro comune “avversario di vita”. A tal proposito a breve pubblicherò anche l’articolo “Libertà, Responsabilità, Volontà”.

Disturbo ossessivo-compulsivo

Tornando al decalogo, e pensando ancora una volta ai pazienti che seguo, ho potuto notare quanto quello che solitamente noi clinici siamo portati a vedere, e purtroppo troppo spesso ad etichettare, come “sintomo”, dando quindi a quell’emozione (affetto) ed al suo corrispettivo comportamento (difesa) un’accezione che definirei “patologica”, nella situazione attuale si rivela piuttosto un’importante risorsa, o quanto meno mera aderenza alle indicazioni del Ministero della Salute. Di seguito alcuni esempi:

  • Lavarsi spesso le mani;
  • Igiene respiratoria: starnutire e/o tossire in un fazzoletto o nella piega del gomito evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie;
  • Evitare l’uso promiscuo di bottiglie e bicchieri;
  • Non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;
  • Pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol /cellulare e accessori inclusi.

A ben guardare, facendo finta per un attimo che il Covid19 non esista, ed aggiungendo un pizzico di “ironia” in questa situazione che definirei “paradossale”, questi cinque semplici punti porterebbero il clinico a sospettare che colui che si fa promotore di un simile comportamento possa essere caratterizzato da tratti di tipo ossessivo-compulsivo, se non avere un vero e proprio DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo).

Disturbi d'ansia, di personalità paranoide e Agorafobia

La lista delle buone pratiche da tenere per limitare il contagio continua con:

  • evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;
  • evitare abbracci e strette di mano;
  • evitare ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

In questo caso saremmo piuttosto nella macro-categoria dei “Disturbi d’ansia”, più nello specifico tali comportamenti (ribadisco l’ironia del caso, paradossale) porterebbero a sospettare un quadro fobico-evitante, con alcuni spunti paranoidei che in una diagnosi differenziale porterebbero a prendere in considerazione anche un potenziale “Disturbo di personalità paranoide”. Il terzo punto sembrerebbe invece ben appagare un “Agorafobico”, dal momento che il disturbo d’ansia definito “Agorafobia” nel DSM 5 prevede paura intensa o ansia in due o più delle seguenti situazioni:

  1. Utilizzare mezzi pubblici, ad esempio treni, autobus o aerei;
  2. Essere in uno spazio aperto e ampio, ad esempio un supermercato, un parcheggio;
  3. Essere in uno spazio chiuso di limitate dimensioni, ad esempio un teatro, un piccolo negozio;
  4. Aspettare in coda oppure essere tra la folla;
  5. Essere fuori casa da soli.
    Scopri di più sui disturbi d’ansia:
    -> Cos’è l’ansia?
    ->Attraverso quali sintomi si manifesta l’ansia?
    -> Quando l’ansia diventa un vero e proprio disturbo?

Depressione e Isolamento Sociale

Proseguendo in questa direzione, penso al #iorestoacasa, con le seguenti indicazioni.

“Le persone per le quali il Dipartimento di prevenzione dellla Asl accerta la necessità di avviare la sorveglianza sanitaria e l’isolamento fiduciario devono:

  1. mantenere lo stato di isolamento per quattordici giorni dall’ultima esposizione;
  2. divieto di contatti sociali;
  3. divieto di spostamenti e viaggi;
  4. obbligo di rimanere raggiungibile per le attività di sorveglianza”.

Il corrispettivo quadro clinico, in tempi avulsi dal covid-19, che si sarebbe potuto sospettare sulla base di un profondo “isolamento sociale”, va da una “Depressione” (intesa come “perdita di interesse” ad uscire di casa ad esempio, oppure “graduale abbandono di tutte le attività sociali”, “stanchezza cronica” e tanti altri) ai sintomi negativi dei “Disturbi psicotici” (in cui gli psicoanalisti propongono il concetto di una “chiusura autistica”).

Uno stesso comportamento può assumere un ruolo “adattivo”, nonché “utile” e “funzionale” in riferimento ad un dato contesto (in questo caso la pandemia) ma verrebbe visto come “patologico” e “disfunzionale” se applicato a differenti circostanze (prima della pandemia) 

Uno stesso comportamento può assumere un ruolo “adattivo”, “utile” e “funzionale” in riferimento ad un dato contesto (in questo caso la pandemia) ma verrebbe visto come “patologico” e “disfunzionale” se applicato a differenti circostanze (prima della pandemia) 

Sano VS Patologico

Come accennavo, queste riflessioni, colorate con un po’ di sarcasmo (riconosco il mio atteggiamento difensivo umoristico per trattare una tematica così angosciante e spaventosa anche per me), sono nate nell’incontro con alcuni pazienti caratterizzati da tratti ipocondriaci.

Proprio nell’ambito della relazione con questi ultimi ho potuto constatare quanto lo stesso comportamento possa assumere un ruolo che definirei “adattivo”, nonché “utile” e “funzionale” in riferimento ad un dato contesto (in questo caso la pandemia) ma che tuttavia verrebbe visto nella direzione totalmente opposta, e quindi come patologico e “disfunzionale” se applicato a differenti circostanze esterne (prima della pandemia).

In altri termini, ciò su cui mi piacerebbe porre l’attenzione è la relatività, la non oggettività, e quindi in definitiva la non esistenza della dicotomia “Sano/Patologico”, evidenziando quanto ciascuno di noi potrà collocarsi ad un differente livello lungo il continuum salute-malattia sulla base di innumerevoli variabili, e mai in modo definitivo.

Conclusioni

Per concludere, ho voluto scrivere qualche considerazione rispetto al Covid-19 muovendomi in una prospettiva psico-sociale, dal momento che nelle ultime settimane notiziari, medici, politici ed altri esponenti hanno ripetutamente ribadito le conseguenze che la pandemia sta provocando sulla dimensione corporea (oltre che appunto politica ed economica), tralasciando completamente il versante psicologico.

Ribadisco allora l’importanza di rivolgersi ad uno psicoterapeuta la dove chiunque di voi riscontrasse la difficoltà di fronteggiare questa complessa e delicata situazione nell’isolamento cui siamo forzati. A proposito degli slogan lanciati ultimamente, direi…

#NONSEISOLO